Il meglio di IFN
Partenza sprint per l'export di ortofrutta a gennaio
L’avanzo della bilancia commerciale aumenta del 430% rispetto all'anno scorso

L’ortofrutta italiana inizia il 2025 con una marcia in più: a gennaio, infatti, il saldo della bilancia commerciale segna un avanzo di 36 mila tonnellate; un vero e proprio cambio di passo per il comparto che, rispetto allo stesso mese del 2024, segna un +430% nella differenza tra esportazioni e importazioni. Anche a valore lo scenario è più che confortevole, con un saldo positivo di 125 milioni di euro (+5%). A guidare l’ortofrutta italiana all’estero sono soprattutto le spedizioni di frutta fresca, aumentate del 25% rispetto a gennaio dello scorso anno.

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Così potremmo riassumere il commercio ortofrutticolo italiano oltre confine nel primo mese dell’anno, grazie all’elaborazioni del Monitor Ortofrutta di Agroter su dati Istat. A gennaio, le esportazioni di frutta e verdura aumentano dell’8%, registrando una crescita a doppia cifra nel corrispettivo a valore (+11%). Sul fonte interno, le importazioni sono in leggera diminuzione (-1%), nonostante l’inflazione sui prezzi all’origine abbia fatto aumentare l’esborso monetario (+13%).

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Scendendo ad analizzare le principali macrocategorie, salta all’occhio l’ottima performance della frutta fresca, con le esportazioni che a gennaio crescono del 25% a volume rispetto allo stesso mese del 2024, in linea con l’aumento registrato a valore (+26%). Segue il buon andamento della frutta secca, con quantitativi spediti in aumento del 7% e un guadagno monetario ancora più marcato, salito del 15%, grazie all’incremento delle quotazioni. Soffre, invece, l’export di frutta tropicale, nonostante - ricordiamo - si tratti perlopiù di riesportazioni dell’Italia, che a gennaio diminuisce del 42% a volume e del 26% a valore. Stabili le esportazioni di legumi e ortaggi che segnano un timido aumento nei quantitativi spediti (+1%) e nel valore generato (+3%).

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Nelle importazioni, per la maggior parte delle macrocategorie i volumi in entrata sono in diminuzione nel primo mese dell’anno. Fanno eccezioni gli agrumi dove le importazioni da Paesi terzi sono aumentate del 16% a volume e del 34% a valore, causa dell’effetto inflattivo sui prezzi applicati dall’estero.
Passiamo ora al focus sui singoli prodotti commercializzati dall’Italia nel mese di gennaio. A trainare il comparto frutticolo all’estero sono, in primis, le mele, con più di 110 mila tonnellate esportate, ovvero il 35% in più rispetto allo stesso mese del 2024. Tuttavia, le quotazioni in riduzione rispetto allo scorso anno ne hanno contenuto la crescita a valore (+29%), per un giro d’affari che comunque supera i 120 milioni di euro. Bene anche le esportazioni di pere che, beneficiando della ripresa produttiva di questa campagna, hanno saputo riaffacciarsi sui mercati esteri con quantitativi spediti più che raddoppiati (+133%), nonostante i quantitativi entrati nel Paese rimangano comunque sostenuti e superiori alle esportazioni.

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In affanno, invece, il kiwi italiano sui mercati esteri che - complice la scarsità di prodotto nazionale - a gennaio subisce un rallentamento dei volumi spediti (-3%), nonostante i prezzi più alti abbiano aumentato il risultato monetario (+18%). Fra gli agrumi, le esportazioni di arance rimangono pressoché stabili sia a volume (+1%) che a valore (+4%), mentre l’avvio della commercializzazione di clementine e mandarini nell’anno nuovo è piuttosto amaro: a gennaio le spedizioni oltre confine sono diminuite del 13%.
Passando agli ortaggi, la crescita più marcata dell’export italiano si registra nelle cipolle, che segnano un +25% a volume e un +29% a valore. Bene anche i pomodori, anche se la crescita dell’18% nei volumi esportati non si è riflessa appieno nell’incremento del valori (+8%). Inizio anno più complicato, invece, per le patate nazionali, con l’export che diminuisce del 24% a volume e del 37% a valore, così come per le brassiche, con quantitativi spediti che calano del 12%.

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Infine, uno sguardo alle importazioni rivela un forte incremento di clementine e mandarini stranieri, con un aumento del prodotto pari al 76% e pagato a caro prezzo, dato che l’esborso monetario è più che raddoppiato. Situazione simile anche per le brassiche, dove le importazioni sono cresciute di più di 50 punti sia a volume che a valore. (gc)
