IV gamma, e se fosse (solo) un problema di qualità?

Crescono i consumi di tutti i prodotti servizio a parte le buste d’insalata. Perché?

IV gamma, e se fosse (solo) un problema di qualità?

Analizzare serve a comprendere la natura dei fenomeni, semplificare aiuta a trovare la strada giusta da seguire per superare le difficoltà, soprattutto quando hanno una natura complessa. Fedeli al primo motto abbiamo condotto tante analisi approfondite sulla situazione della IV gamma, evidenziando una grande quantità di criticità che minano seriamente la solidità del sistema (clicca qui per approfondire), tanto seriamente che nei giorni scorsi abbiamo addirittura anticipato il rischio una riduzione dei consumi in quantità anche quat'anno, salvo modifiche di rotta (clicca qui per approfondire).

Crescita esponenziale dei costi, compressione dei margini, segmentazione non compresa, categorizzazione debole, politica di marca flebile per usare un eufemismo, patrimonializzazione insufficiente, assenza di vera innovazione e qualità discutibile sono le cause più gettonate su cui si sono spese montagne d’inchiostro - pardon gigabyte di caratteri - e fiumi di parole. Per la verità, di terapie anche dolorose ma praticabili si è parlato ben poco, più che altro abbiamo raccolto lamenti e accuse, quasi sempre rivolte alla fase della filiera a monte o a valle dell'intervistato. Risultato? Da diversi anni si brancola nel buio, con risultati risicati quando non negativi, mentre i prodotti con alto contenuto di servizio macinano consensi sia nello scenario internazionale che in quello italiano, con una crescita che nel nostro paese dovrebbe proseguire anche per tutto il 2025 nell’ordine de 5-7% a volume, secondo le fonti più accreditate.

Perché questa debacle? Per la combinazione di tutti i motivi sopra esposti ma, volendo semplificare, credo non sfugga a nessuno che la qualità del prodotto in vendita è l’elemento chiave nella disaffezione del consumatore. E, su questo, vi sono diverse evidenze macroscopiche. 

Infatti, si parla tanto dell’effetto negativo del prezzo al kg delle buste d’insalata in un momento di riduzione del potere d’acquisto quando, invece, il prezzo al pezzo delle buste stesse è più che popolare e, tra l’altro, quasi fermo dal pre-pandemia, mentre - in media - il prezzo di frutta e verdura di prima gamma è aumentato di quasi il 30% nello stesso periodo ma i consumi si sono ridotti pochissimo in proporzione, per cui il prezzo avrà un suo peso ma non può essere il fattore chiave.

A ben guardare, invece, credo che si debba porre grande attenzione proprio sulla qualità in vendita, poiché la sua caduta strisciante potrebbe essere la ”vera” causa del perdurare di consumi zoppicanti. Se riflettiamo, infatti, l'ipotesi ha senso. In primo luogo perché può avvenire davvero in modo progressivo e perciò difficilmente misurabile, per esempio abbassando progressivamente l’asticella della selezione della qualità sia in campo che in magazzino, per rispondere a un mercato che tutti sanno fatica a riconoscere a produttori agricoli e confezionatori anche solo i costi di produzione. Dall’altra parte, non pare strana nemmeno una certa “rilassatezza” del mondo distributivo in questo senso, conscio di non poter spostare l’asticella del prezzo per fenomeni di concorrenza orizzontale e, allo stesso tempo, consapevole di non poter chiedere a queste condizioni ulteriori sforzi ai produttori.

Dunque, minore turgidità delle foglie, troppe parti non nobili della pianta che restano nella busta, minore freschezza, mix costruiti per minimizzare il costo della materia prima e non esaltare il bouquet, ecc. inficiano l’esperienza palatale e riducono il riacquisto, con effetti pesanti in un mercato dominato ancora dagli alto-consumanti.  Senza considerare l’ulteriore potenziale deflagrante se, accanto alla riduzione della qualità intrinseca del prodotto, si dovesse lavorare anche sulla riduzione dei costi connessi alla gestione e alla minimizzazione del rischio alimentare, per un prodotto, come la IV gamma, che non ha su questo piano strumenti di difesa oltre il rispetto di procedure ferree senza compromessi.

Da qualunque parte si guardi questa filiera incombono perciò minacce molto serie, in parte già trasformate in effetti negativi a livello puntuale, che mettono però a rischio in prospettiva tutto un comparto che risulta vitale per il nostro sistema ortofrutticolo e non solo, se si pensa alla quota di massa di margine che produce per il reparto ortofrutta dei negozi a libero servizio. 

Che valga la pena ripartire dalla qualità in tavola, per chi è disposto a pagarla il prezzo necessario, per trovare lo snodo giusto su cui competere sia a livello produttivo che distributivo? Chissà, in altre filiere ha funzionato.