Ue-Mercosur: per l’ortofrutta italiana più benefici o svantaggi?

Nel 2023 la bilancia commerciale si è chiusa in positivo trainata da mele e kiwi

Ue-Mercosur: per l’ortofrutta italiana più benefici o svantaggi?

La storia dell’accordo di libero scambio Mercosur-UE è iniziata quasi 30 anni fa, quando, nel 1995, l'UE e il Mercosur firmarono un accordo quadro di cooperazione interregionale. A questo, è seguito l'avvio formale dei negoziati per la conclusione di un accordo commerciale nel 2012. Nel 2019 è stato raggiunto un accordo di principio, definito all'epoca storico da entrambe le parti, perché andava ben oltre le questioni tariffarie e contemplava implicazioni sulla deforestazione e altri aspetti ambientali nei diversi Paesi del Mercosur, in particolare in Brasile.
Infine, o inizialmente, a seconda di come lo si guarda, l'accordo è stato firmato il 6 dicembre scorso a Montevideo dal Presidente dell'UE Ursula von der Leyen e dai Presidenti Lula da Silva (Brasile), Santiago Peña (Paraguay), Javier Milei (Argentina) e dal Presidente uscente dell'Uruguay Luis Lacalle Pou, accompagnato dal Presidente entrante Yamandú Orsi. 

È già evidente, tuttavia, che l'accordo sarà un processo lungo e complicato, soprattutto a causa dei malumori europei. L'opposizione della Francia è frontale e assoluta e, in particolare, tutto il campo francese sostiene il suo governo, di qualsiasi colore esso sia, in questa opposizione. Anche la Polonia sembra prepararsi a questa posizione, mentre l'Italia, o almeno il suo ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida, si è detto contrario, anche se la posizione del Paese sembra meno chiara. Il Copa-Cogeca, che comprende sindacati e cooperative agricole di tutta l'Unione Europea, dubita della reale capacità dei governi del Mercosur di rispettare gli accordi per il miglioramento della produzione e il rispetto dell'ambiente, per cui, finora, le voci contrarie sono state più numerose di quelle favorevoli. 

D'altra parte, l'industria in generale, e quella automobilistica in particolare, tace perché è generalmente d'accordo nel lavorare alla creazione di una zona di libero scambio con più di 700 milioni di abitanti (dati dalla somma dei 273 milioni sudamericani e 450 milioni dell’UE) e, quindi, di consumatori alle due estremità dell'Atlantico.
Le valutazioni geopolitiche, che abbracciano molti altri aspetti della macroeconomia, indicano che è importante “avvicinare” il Mercosur all'Europa, prima che continui a essere legato solamente al dollaro americano o a farsi incantare dalla Cina
In questo caso, però, mi limiterò a commentare l'andamento delle relazioni commerciali tra le due organizzazioni nel settore dei prodotti ortofrutticoli freschi nell'ultimo decennio.

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Le importazioni dal Mercosur sono stabili, ma le esportazioni dall'Unione Europea sono in calo. Quindi, guardando il trend, il bilancio è ampiamente a favore dei 4 Paesi Sudamericani. Senza entrare dei dettagli, le importazioni sono guidate dal Brasile, con mango, meloni e agrumi, seguito dall'Argentina, che esporta principalmente agrumi e pere, dall'Uruguay, che esporta solo agrumi, mentre il Paraguay non è rilevante negli scambi ortofrutticoli.

Per quanto riguarda il mango, la produzione è tipica delle zone tropicali del Brasile, quindi non entra in competizione con le produzioni europee, mentre per gli agrumi e i meloni, la posizione dei quattro Paesi nell'emisfero meridionale conferisce loro una patina di complementarità intrinseca con l'Unione Europea. Quindi, nemmeno in questo caso siamo di fronte ad una concorrenza diretta coi nostri prodotti.
Spostandoci alle esportazioni europee queste sono guidate nel 2023 dall'Italia con mele (44.373 ton) e kiwi (11.138 ton), dalla Spagna, con mele (8.468 ton), pere (5.747 ton), agrumi (14.850 ton), prugne (15.000 ton) meloni (15.000 ton), cipolle (4.101 ton) e aglio (1.189 ton) e dal Portogallo, con mele (20.451 ton), pere (16.591 ton) e prugne (1.527 ton). Chiudono l'elenco, la Grecia con il kiwi (4.469 ton) e i Paesi Bassi con le cipolle (4.059 ton).  

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Entrando nel dettaglio degli scambi fra l’Italia e i Paesi Mercosur, effettivamente il 2023 si è chiuso con un saldo positivo sia a volume che a valore, dopo un 2022 in rosso. Come detto, kiwi, e soprattutto mele, trainano le esportazioni italiche, mentre dal Sudamerica importiamo prevalentemente agrumi, pere, meloni, frutta secca e frutta esotica. 

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Finora queste esportazioni hanno pagato una tariffa base del 10%, ma poi, a seconda del Paese, sono emerse altre questioni fitosanitarie che hanno complicato le esportazioni, come quando, tre stagioni fa, le esportazioni di prugne sono state bloccate senza alcuna base scientifica. La cosa più grave è stata quando il Mercosur ha firmato un accordo con l'Egitto che, al momento, non paga la dogana per le sue arance e la Spagna è passata dalle 20.000 tonnellate esportate nel 2019 alle sole 8.500 nel 2023.  Nello stesso periodo, il Brasile è passato da zero a 9.800 tonnellate importate dal Paese Africano.

Pertanto, se analizziamo l'accordo dal punto di vista dell'ortofrutta fresca e in particolare, delle mele e delle pere, dei kiwi, degli agrumi, delle drupacee in generale, delle cipolle e dell'aglio, la conclusione è che l'accordo è positivo vista l'eliminazione di dati. Questo è ulteriormente vero per le mele e i kiwi italiani che mostrano performance molto interessanti.
Tuttavia, è evidente che la produzione e l'esportazione di frutta e verdura fresca non hanno mai pesato nelle politiche di Bruxelles e non è detto che la prossima battaglia tenga conto di questo piccolo settore.

Hanno collaborato Fabrizio Pattuelli e Alberto Biffi (gc)

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