Spagna: le importazioni (curiosamente) spingono l’export

Per l’avocado oltre la metà del prodotto in ingresso viene ricollocato nei mercati internazionali

Spagna: le importazioni (curiosamente) spingono l’export

Nei primi sei mesi di quest’anno le importazioni spagnole continuano a crescere (+1% a volume), confermando il trend degli ultimi 5 anni, che ha mostrato un incremento complessivo superiore al 20%. In particolare, gli ortaggi mostrano una progressione costante, mentre la frutta vive di alti e bassi.

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Come interpretare questi numeri? Chi spera nell’affanno iberico deve mettersi il cuore in pace, perché abbiamo già esaminato come le esportazioni spagnole proseguano senza grandi intoppi (clicca qui per approfondire) e, anzi, esaminando nel dettaglio i dati, notiamo come ci sia una stretta correlazione fra l’aumento delle esportazioni e delle importazioni.

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Il caso più significativo riguarda l’avocado, che segna in cinque anni un incremento delle importazioni a volume di oltre il 60%, giustificato – da una parte – con l’aumento dei consumi (la Spagna è fra i più grandi estimatori europei di questo frutto) e, soprattutto, dalle ri-esportazioni, che valgono circa il 60% di quello che viene importato. Da sottolineare che, proprio nel primo semestre dell'anno, è disponibile anche la produzione spagnola di avocado, per cui, evidentemente, questa non riesce a far fronte ai consumi interni e alle richieste dei mercati esteri, a partire dal vecchio continente, dove gli operatori spagnoli si stanno conquistando una leadership significativa.

Scorrendo gli altri prodotti frutticoli, si nota un generale incremento, nell’ordine di 10-20 punti percentuali, dovuto a un mix di aumento dei consumi interni (kiwi, mele e pere), problematiche produttive (agrumi in particolare) e incremento delle ri-esportazioni (banana, ananas e piccoli frutti); solo per quanto riguarda meloni e angurie si nota un calo dell'import, in virtù di un calendario spagnolo sempre più ampio e che necessita, per questo, sempre meno di integrazioni dall’estero.  

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Spostandoci alla disamina degli ortaggi, la patata continua a essere il prodotto più importato, poiché vale da sola il 63% di tutto il comparto orticolo e il 31% del complessivo. Una progressione giustificata da problemi produttivi e aumento dei consumi interni. In crescita anche gli altri ortaggi, tranne i pomodori e i fagioli, con dinamiche sono legate soprattutto a questioni di carattere produttivo.

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Per quanto riguarda l’origine delle importazioni spagnole, quella europea rappresenta quasi la metà del totale, con la Francia che primeggia, seguita a grande distanza da Portogallo, Paesi Bassi, Italia, Belgio e Grecia. Non dimentichiamo come, per Paesi Bassi, Belgio e Portogallo, si tratta in larga parte di prodotto che è entrato attraverso le loro dogane e da lì è stato rispedito in Spagna, ma è quasi tutto prodotto proveniente da oltreoceano.
Fra i Paesi Produttori, l’Italia evidenzia l’incremento più significativo in 5 anni, grazie a prodotti come mele e kiwi.

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Terminiamo l’analisi con il trend dei principali paesi d’origine d’oltremare. Il Marocco è ancora in testa alla classifica - ma in netto calo rispetto a 5 anni fa (-21%) - tallonato dal Costa Rica, che è il riferimento per ananas e banane. Tuttavia, ciò che più impressiona, è l’exploit dell’Egitto, che decuplica i volumi in un lustro grazie a una politica particolarmente aggressiva sui prezzi, soprattutto nel comparto agrumicolo, tanto da aver sollevato un coro di proteste dalle associazioni agricole spagnole. Una situazione complicata che nei prossimi anni potrebbe inasprirsi ulteriormente, con l’aggiunta di altri competitor, a partire dalla Turchia.

Ha collaborato Fabrizio Pattuelli

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