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Anguria, da commodity a prodotto icona: tra qualità, assortimento e valore
Innovazione varietale, branding e servizio stanno trasformando il comparto

Da pochi centesimi al chilo a prodotto di punta dell’estate, celebrato dai media e sempre più strategico per la distribuzione. L’anguria sta vivendo una parabola ascendente che non accenna a rallentare, spinta da un’offerta che punta su innovazione, servizio e qualità, e da una domanda sempre più esigente e segmentata. La Gdo, dal canto suo, risponde ampliando gli assortimenti, consapevole che la categoria è diventata un catalizzatore di vendite, margini e posizionamento di reparto.
È quanto emerso nella seconda parte della diretta di IFN dedicata all’anguria (clicca qui per rivederla), focalizzata sulle strategie di medio-lungo periodo, a completamento della prima puntata incentrata sull’andamento dell’attuale campagna (clicca qui per approfondire).
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Un’evoluzione supportata da fondamentali solidi, come ha sottolineato il nostro direttore, Roberto Della Casa: “L’anguria è un prodotto cardine dell’ortofrutta italiana, con 15.000 ettari coltivati e una produzione che si aggira intorno alle 700.000 tonnellate. Di queste, quasi 300.000 vengono esportate, a fronte di poco meno di 30.000 tonnellate importate. Il saldo commerciale è positivo e in crescita, segno di un comparto dinamico, con mercati di riferimento ormai consolidati, come Germania, Polonia e Repubblica Ceca. Ma la vera rivoluzione è qualitativa e di assortimento: alcuni punti vendita propongono fino a dieci referenze di anguria, una profondità impensabile fino a pochi anni fa”.
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Una diversificazione che riflette il lavoro sul campo, ma anche un cambio di prospettiva da parte della distribuzione. Lo ha spiegato Nicola Biasiolo, responsabile acquisti ortofrutta di Unicomm: “L’anguria tradizionale in bins resta la base dell’offerta, ma stanno crescendo con decisione le taglie ridotte – midi e mini – e si stanno affacciando nuove tipologie come la polpa gialla. Inoltre, il prodotto servizio, come le fette pronte, sta conquistando spazio ogni anno. È una risposta concreta alle esigenze delle famiglie meno numerose e di chi cerca prodotti ready-to-eat, ma con un attributo fondamentale: la freschezza. La IV gamma, da questo punto di vista, è percepita come più distante, mentre il taglio in store comunica immediatamente freschezza e artigianalità”.
Un approccio condiviso anche dal Gruppo Gabrielli, come ha evidenziato il buyer ortofrutta Valerio Gentili: “La nostra marca privata è trasversale alle diverse tipologie. Proponiamo angurie da taglio ‘Selezione Qualità’ a residuo zero, midi senza semi e fette confezionate, tutte marchiate con il nostro brand. Questo ci sta premiando perché i clienti riconoscono il valore aggiunto e ci stanno dando fiducia. La prima gamma evoluta è in netta crescita: la porzionatura in negozio è apprezzata per il senso di freschezza che trasmette e perché consente di verificare la qualità del prodotto, cosa che nella IV gamma è più difficile. Senza contare le problematiche logistiche, sempre più impattanti, che nella IV gamma generano maggiori sfridi. Anche noi abbiamo introdotto la polpa gialla tagliata, per valorizzare il colore e differenziare l’offerta: la risposta è buona, c’è curiosità e interesse”.

Il ruolo della marca, inoltre, ha dato una svolta decisiva alla percezione dell’anguria, trasformandola da prodotto stagionale a esperienza di consumo. Bruno Francescon, presidente di Perla Nera, è netto: “Abbiamo rivoluzionato il modo di intendere l’anguria, trasformandola in un prodotto di marca. Il consumatore oggi cerca un’anguria fantastica, e ha fiducia nel nostro brand. Abbiamo smesso di svendere sotto l’euro e, anche quando altri prodotti sono in promozione, le nostre vendite reggono. Questo dimostra una fidelizzazione reale. Merito anche della nostra strategia di marketing: siamo presenti in Formula 1, MotoGP, parliamo ai bambini con Capitan Perla Nera, investiamo in pubblicità su radio e media digitali. Ormai i punti di contatto con il consumatore sono tanti, e bisogna essere ovunque per intercettarli”.

Anche l’anguria mini sta vivendo una fase di espansione grazie a progetti come Gavina, che punta sulla costanza qualitativa e sulla valorizzazione del territorio. “Il primo passo è offrire sempre una qualità elevata – ha illustrato Salvatore Lotta, Direttore commerciale L’Orto di Eleonora per “I Love Gavina” – grazie alla professionalità dei produttori e a un’area produttiva altamente vocata. Ma non basta: la comunicazione è fondamentale. Per questo investiamo in radio e TV, e i risultati stanno arrivando. La linea Gavina Black, in particolare, sta allargando le superfici e soddisfacendo clienti storici e nuovi, anche all’estero. Ogni anno aumentano i volumi richiesti: segno che la strada intrapresa è quella giusta”.
Anche il prodotto tradizionale continua a recitare un ruolo da protagonista, ma si evolve anch’esso, come ha sottolineato Matteo Testa, direttore commerciale di San Lidano, con il marchio “Cuore Rosso”: “Produrre angurie di qualità è sempre più una sfida. L’ingresso delle midi ha alzato l’asticella e oggi solo chi ha vera professionalità riesce a restare competitivo. Anche le angurie di grossa taglia, però, stanno cambiando: la genetica ha fatto passi da gigante, e ora garantiamo elevata qualità – in termini di grado brix e croccantezza – sia nel precoce sia nel tardivo. Le pezzature si stanno ridimensionando: non più frutti da 15 kg, ma da 10 kg, più gestibili e comunque eccellenti”.
Una trasformazione profonda che attraversa tutta la filiera, in cui l’anguria ha smesso di essere una semplice commodity stagionale per diventare un elemento chiave nella strategia di valorizzazione dell’ortofrutta. Un percorso che, dati alla mano, sta dando i suoi frutti. (bf)
