Attualità
Marchi di qualità DOP-IGP-STG: l’ortofrutta fa solo numero
Ben 126 referenze certificate ma il valore generato è irrisorio
Dal XXII Rapporto Ismea-Qualivita emerge un rapporto di amore e odio fra il comparto ortofrutticolo e le certificazioni DOP-IGP-STG. L’amore sta nel record di prodotti certificati dal nostro comparto, ben 126, (sono compresi anche i cereali ma con una quota minoritaria) che è più del doppio del secondo in classifica (escludendo il vino), ovvero, il settore dei formaggi che conta 57 prodotti.
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Il rapporto di odio lo vediamo nel valore generato alla produzione, che nel 2023 è stato pari a 379 milioni di euro, in crescita del 4,1% rispetto all’anno precedente e che pone l’ortofrutta in terza posizione a distanza siderale da formaggi e prodotti a base carne, che generano, rispettivamente, 5,4 e 2,3 miliardi di euro. L’ortofrutta se la gioca con gli aceti balsamici, che sviluppano sostanzialmente lo stesso fatturato (per lo meno nel 2022 ma in lieve calo nel 2023) con appena 3 prodotti.
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Guardando la classifica dei primi 15 prodotti alimentari, la triade Grana Padano DOP, Parmigiano Reggiano DOP e prosciutto di Parma DOP guida la carretta, e per trovare ortofrutta dobbiamo scorrere fino alla 14° e 15° posizione con le Mele dell’Alto Adige IGP – con 161 mila tonnellate e un valore generato di 81 milioni di euro – e la Mela Val Di Non DOP che conta 125 mila tonnellate certificate per un fatturato, alla produzione, di 63 milioni di euro.
Sostanzialmente, solo 2 prodotti detengono una quota del 40% sul totale ortofrutticolo. E gli altri 124? In terza posizione, con 36 milioni, troviamo la nocciola del Piemonte IGP, e poi fra 10 e 17 milioni c’è un gruppo di eccellenze che vede al suo interno: Arancia Rossa di Sicilia IGP, Basilico Genovese DOP, Melone Mantovano IGP, Pomodoro di Pachino IGP, Melannurca Campana IGP, Cipolla Rossa di Tropea Calabria IGP e i Limoni di Siracusa IGP.
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I restanti 111 prodotti DOP-IGP-STG hanno generato, nel 2023, appena 104 milioni di euro alla produzione, addirittura in calo del 6,5% se paragonato al 2022. Praticamente meno di 1 milione di euro a prodotto. “Peanuts”, direbbero gli anglosassoni per descrivere questa situazione, ed effettivamente si tratta di bruscolini quanto sviluppato dalla gran parte dei prodotti DOP-IGP-STG ortofrutticoli. D’altronde, su 126 prodotti solo 66 hanno un consorzio di tutela attivo, che è quella figura di raccordo fra la base produttiva e le istituzioni, che mette a terra tutte le attività come la promozione del prodotto. Difatti, gli altri 60 prodotti certificati senza consorzio di tutela, nella realtà dei fatti, è come se non esistessero.
Per certi versi il rapporto sulle dop-IGP-STG fotografa la cifra stilistica del settore ortofrutticolo. Poche realtà organizzate riescono a incidere sul mercato e farsi notare dal consumatore; un gruppo sparuto cerca di organizzarsi e di emergere dalla mischia, mentre la stragrande maggioranza porta avanti un campanilismo, spesso ideologico, perché nei fatti, i risultati sono inesistenti.(gc)