Il meglio di IFN
La Popillia japonica arriva nei frutteti: pesche divorate prima della raccolta
Nel mirino anche vite, nocciolo e pomacee: e l’elenco delle piante a rischio si allunga

Dopo la cimice asiatica, un nuovo insetto alieno preoccupa il settore ortofrutticolo italiano. Si tratta della Popillia japonica, comunemente nota come coleottero giapponese, un vorace polifago che rischia di mettere in ginocchio diverse colture. La sua comparsa in Europa continentale risale all’estate del 2014, quando fu individuato per la prima volta lungo il fiume Ticino, tra Lombardia e Piemonte. Da allora l’infestazione non si è più fermata, anzi: la sua avanzata prosegue a ritmo costante, stimata in circa 10 chilometri all’anno principalmente a causa del volo degli adulti. Ma non è solo la progressione territoriale a destare allarme: nuovi focolai possono comparire improvvisamente, attraverso i mezzi di trasporto usati dalle attività commerciali o allo spostamento di umani. È già successo, ad esempio, nel trevigiano e nel piacentino.

"La zona agricola tra Novara e Vercelli è attualmente quella più colpita, dalle zone costiere dei fiumi Po e Ticino", spiega il dr Marco Moizio di SAGEA, che in questi giorni ha seguito da vicino diverse prove sperimentali di efficacia di prodotti fitosanitari nelle aree più infestate. "Purtroppo, il coleottero si sta espandendo rapidamente, e il rischio di nuovi insediamenti è concreto. Nel 2024 la Regione Piemonte ha allargato l’areale di presenza accertata di Popillia japonica alle province di Torino, Verbano-Cusio-Ossola e in provincia di Genova. Prime segnalazioni sono già state pervenute dalle province di Alessandria ed Asti nel 2025."

A rendere la Popillia japonica particolarmente pericolosa è la sua voracità, essendo in grado di aggredire fino a 300 specie vegetali diverse, cibandosi degli apparati radicali di alcune piante erbacee allo stadio larvale ed esplicando i danni maggiori allo stadio di adulto, quando colonizza le parti aree delle piante. Il ciclo si compie in un anno: le uova vengono deposte nei prati, negli incolti e nelle aree verdi – con una predilezione per i terreni umidi e profondi, con poco scheletro – e da lì nascono le larve che, in primavera, cominciano a cibarsi delle radici delle piante erbacee. Il danno, in questo caso, riguarda soprattutto i tappeti erbosi e i prati ornamentali.

Il vero pericolo per l’ortofrutta arriva però con gli adulti. Le prime forme adulte si osservano nel mese di giugno negli areali più precoci, con un picco di popolazione attorno alla metà luglio. "Quest’anno siamo in leggero ritardo rispetto alla media – osserva Moizio – ma le catture sono molto elevate. Gli adulti si nutrono voracemente delle foglie, con una preferenza marcata per le drupacee e per alcune varietà di vite da vino, che in Piemonte sta già subendo danni rilevanti. Abbiamo riscontrato anche un forte interesse per il nocciolo e per le principali pomacee (pero e melo). Questo sicuramente potrebbe rappresentare un’ulteriore criticità per la frutticoltura piemontese."
Non solo: il coleottero americano attacca anche i frutti, come sta accadendo ai peschi nelle zone monitorate. "Il problema maggiore è che il danno si concentra proprio in prossimità della maturazione: il coleottero tende a divorare il frutto quasi per intero, mentre l’apparato fogliare del pesco sembra essere meno appetibile: tra il panorama della peschicoltura, le varietà di nettarine sono tra le preferite da Popillia japonica."

La strategia di contenimento del parassita ha previsto nel 2025 l’avvio di un Piano d’Azione messo in atto dalla Regione Piemonte in collaborazione con IPLA: il piano prevede azioni di controllo e contenimento concordate a livello nazionale con altre regioni interessate (Lombardia, Valle d’Aosta, Emilia-Romagna e Liguria), attraverso monitoraggi settimanali per valutare la popolazione del coleottero, e con l’utilizzo di prodotti fitosanitari attuando strategie di difesa messe a punto in collaborazione con i tecnici regionali.
Le molecole consigliate sono principalmente acetamiprid e piretroidi si cerca di limitare la presenza in chioma dell’insetto, anche se è bene limitarsi a due-tre interventi insetticidi. "Se si interviene con tempestività e con un monitoraggio attento – riferisce il dr Balestrazzi Responsabile Marketing e sviluppo di Nufarm – i risultati ottenuti su vite con Kaimo Sorbie (lambda cialotrina) sono buoni per quanto riguarda la protezione della vegetazione. Più complesso, invece, è difendere la frutta: il tempo necessario perché il principio attivo agisca può lasciare margini per avere danni anche gravi, specie se la popolazione di coleotteri è numerosa, e le continue reinfestazioni da parte di adulti provenienti dall’esterno rende necessario effettuare più trattamenti per contenere i danni."
La Popillia japonica si conferma dunque come una concreta minaccia per la frutticoltura del Nord Italia. Un problema con cui il settore dovrà inevitabilmente fare i conti da oggi ai prossimi anni, vista la sua diffusione lenta ma inesorabile.
