Attualità
Kiwi Revolution: qualità, marca e giovani consumatori al centro della crescita
Italia Leader del giallo nell’emisfero Nord, ma il verde “unbranded” domina gli assortimenti

La seconda parte della diretta Kiwi trasmessa sui canali social di IFN ha messo al centro le strategie di crescita di una categoria ormai sempre più destagionalizzata e dinamica. Dal confronto tra produzione e distribuzione è emerso come il kiwi, in particolare quello a polpa gialla, si confermi il protagonista della crescita, trainato da qualità, innovazione e branding, ma il “vecchio” verde resta ancora il motore dei volumi, soprattutto nella versione sfusa e senza marchio.
Dalla Gdo arrivano segnali chiari: servono packaging curati, assortimenti intelligenti, ben segmentati e comunicazione efficace per guidare il consumatore. Dall’altra parte, la produzione risponde puntando su qualità e progetti di marca che mettono al centro il rapporto con le nuove generazioni. Sullo sfondo, le sfide dell’export e la competizione internazionale delineano un comparto in evoluzione, sempre più strategico per l’ortofrutta italiana.
Il kiwi è il frutto più destagionalizzato
A entrare nel dettaglio dell’andamento dei consumi è stato il direttore di IFN Roberto Della Casa, che ha evidenziato un dato particolarmente significativo: “Il consumo del mese in cui c’è minor incidenza (luglio e agosto) è più della metà rispetto al mese con la maggior incidenza, che è marzo, e questo è un elemento estremamente interessante – ha spiegato – perché se faccio un paragone con due prodotti fra i meno stagionali come mele e banane, si nota uno scarto superiore fra mese più alto e basso vendente nelle mele e uguale nelle banane. Quindi possiamo dedurre che il kiwi è forse diventato unprodotto fortemente destagionalizzato e qui si aprono strategie di largo consumo che possono sviluppare ulteriormente la categoria”.
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Il confezionato e il ruolo crescente della marca
Un’analisi che trova riscontro anche nelle riflessioni di Nicola Biasiolo, Responsabile acquisti ortofrutta di Unicomm, che ha posto l’accento sull’evoluzione dei formati e sul ruolo crescente del confezionato: “In termini di volumi lo sfuso unbranded è ancora il prodotto che va per la maggiore, però a mio avviso, in prospettiva, il prodotto confezionato – sia verde che giallo – che spesso identifica un marchio, andrà a superare questa quota. In questo segmento, infatti, calibri e qualità sono in netta crescita rispetto al passato, quando spesso si inseriva un prodotto mediocre. Aggiungiamo che i consumi stanno cambiando: le famiglie acquistano con maggiore frequenza e nel confezionato trovano sempre un prodotto fresco, poiché il contenuto rimane intatto, a differenza dello sfuso, più esposto al rischio di danni. Detto ciò, credo che guardando avanti la marca avrà un ruolo cruciale, perché al di là della marca leader, Zespri, tutti gli altri progetti che stanno emergendo potranno dire la loro senza ombra di dubbio”.
Categorizzare per crescere
Proseguendo nel confronto, Della Casa ha poi ribadito come la categorizzazione rappresenti un passaggio chiave per il futuro della categoria: “In questo contesto il concetto della categorizzazione diventa un elemento cruciale – ha sottolineato – soprattutto alla luce di negozi che arrivano a esprimere fino a 13 prestazioni. Ovviamente parliamo delle superfici più ampie, ma rimane comunque un tema da affrontare, perché non è detto che aumentando le referenze automaticamente aumentino in propozione le vendite. Questo vale ancor più per un frutto come il kiwi, che deve avere un certo livello di maturazione per essere appetibile, quindi, va gestito con attenzione e con rotazioni in grado di mantenere alta la qualità”.
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Guidare il consumatore con assortimenti mirati
Un tema ripreso anche da Luigi Saitta, Category ortofrutta del Gruppo Arena, che ha posto l’accento sull’importanza di guidare il consumatore e calibrare l’offerta: “Guidare il cliente nel processo di acquisto è fondamentale, e l’assortimento deve essere calibrato per offrire prestazioni adeguate, tenendo conto delle differenze, per esempio del giallo che in termini di volumi vale il 25% contro il 75% del verde. È evidente che occorre spiegare ai consumatori le differenze fra giallo, rosso e verde, individuando i target adatti per ogni tipologia. Quindi comunicare e spiegare diventano concetti fondamentali. Il verde unbranded continua a fare la voce grossa in termini di volumi, seguito dal marchio Zespri Gold confezionato. Poi è chiaro che bisogna fare scelte, perché i banchi non sono illimitati, soprattutto in tema di biologico e residuo zero: il biologico è presente ma marginale, in Sicilia questo trend non si è ancora affermato come in altre regioni, mentre invece il residuo zero sta progredendo bene e potrà rappresentare un driver interessante”.

Segmentazione e sviluppo delle marche
Sul tema della segmentazione della categoria e di come renderla sempre più chiara agli occhi del consumatore è intervenuto Alessandro Fornari, Direttore Generale di Jingold, che ha messo in evidenza la complessità di un percorso in continua evoluzione: “Certamente maggiori referenze sono un aspetto positivo, perché ne avvantaggiamo tutti in quanto lo spazio cresce a scaffale. Inoltre, nelle analisi delle referenze spesso dimentichiamo la disponibilità dell’offerta, perché quando i progetti sono in rampa di lancio la disponibilità è limitata e progredisce di anno in anno. È chiaro quindi che questo processo presuppone una segmentazione in evoluzione, fino a quando i progetti non diventano maturi. È un percorso certamente non semplice, perché nella fase iniziale ci si concentra nel convincere le catene a inserire e testare il prodotto, mentre parallelamente si lavora sulla parte produttiva per mettere a punto un protocollo adeguato. Va poi spiegato che, in base ai mercati, le situazioni cambiano: per esempio Jingold, nel mercato tedesco, ha una quota nei mesi ad alto consumo pari al 30% di tutti i kiwi, e qui il processo di sviluppo è ormai maturo. All’inizio della campagna ci si confronta con le catene sugli obiettivi produttivi e successivamente si lavora sulle operazioni di marketing, ricordando che dietro un progetto di marca deve sempre esserci un prodotto di alta qualità. Infine si passa alle azioni concrete, il cosiddetto marketing mix, fatto di promozioni, concorsi, partnership – come nel nostro caso con il lancio del film di Spongebob in vista delle festività – e, naturalmente, quando produzione e Gdo collaborano, i risultati arrivano sempre.”

Comunicare ai giovani: il kiwi parla la lingua della Gen Z
Il filo della comunicazione e del rapporto con i nuovi consumatori è stato poi ripreso da Christian Nicodemo, Responsabile Marketing e Comunicazione di OP Frutthera Growers, che ha sottolineato la forza del kiwi giallo presso le nuove generazioni: “Dalle ricerche di mercato emerge come il kiwi a polpa gialla sia di gran lunga fra i frutti preferiti della Generazione Z, che ne apprezza la spiccata dolcezza e il fatto di essere un superfood. Il connubio fra salutismo e sapore è certamente vincente. A questo si aggiunge il tema della comunicazione: i miei coetanei accedono alle informazioni con una velocità mai vista prima, e lo stesso vale per i comportamenti d’acquisto, basati sul principio del ‘tutto e subito’. Occorre quindi puntare su frutti immediatamente fruibili, che non richiedano tempi di maturazione, come i nostri Kiwy Matera a polpa gialla, pronti al consumo e comunicati in modo diretto, come indica anche il nostro claim. La strategia è chiara: veicolare il messaggio sia nel B2B che nel B2C, valorizzando il territorio e utilizzando forme di engagement che spaziano dalle promozioni in store alle affissioni, fino alle campagne social e alle partnership sportive. Un esempio è quella con la squadra di Prosecco DOC Imoco Volley Conegliano, campione d’Italia, d’Europa e del Mondo per club, che riceve settimanalmente 100 kg dei nostri prodotti premium, Kiwy Matera® e Fragola Matera®. È un progetto territoriale, di scala più ridotta rispetto ai grandi brand internazionali, ma che si inserisce in un mercato in crescita e con una domanda anelastica: all’aumentare del prezzo, i consumi non calano in modo proporzionale. Un segnale che apre grandi opportunità per chi sa toccare le corde giuste.”
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Export tra sfide e opportunità
Impossibile, infine, parlare di kiwi senza affrontare il tema dell’export, come ha ricordato ancora il nostro direttore: “I dati confermano la vocazione all’export di questo prodotto, con un valore superiore al mezzo miliardo di euro e oltre 200 mila tonnellate esportate. Tuttavia, nel 2024 emergono alcuni aspetti critici, come il calo improvviso di destinazioni chiave: la Cina, per esempio, è passata da 7.000 a 700 tonnellate. Ed è su questi segnali che occorre riflettere.”
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Italia protagonista assoluta del kiwi giallo
A completare il quadro, l’intervento di Cristian Moretti, Direttore Generale di Agrintesa, che ha tracciato un’analisi puntuale sullo scenario internazionale: “Il kiwi è una delle nostre colture con la più ampia lista di destinazioni, grazie alla sua elevata conservabilità che consente lunghi tempi di transito e una finestra commerciale estesa da ottobre fino a maggio. Questo rappresenta un vantaggio competitivo importante, ma negli ultimi anni non sono mancati ostacoli che hanno limitato le performance dell’export in alcuni mercati, a causa di una congiuntura complessa e dell’aumento della competizione internazionale.
Detto ciò, l’Italia è destinata a diventare il principale Paese produttore di kiwi giallo dell’emisfero Nord, grazie alla progressiva entrata in produzione di nuovi impianti e all’avvio di ulteriori progetti. Si tratta di un segmento dinamico, organizzato e gestito in modo coordinato, che consente una pianificazione più efficace e un miglior controllo del mercato.
Diversa la situazione per il kiwi verde, in particolare per la varietà Hayward, dove il Paese fatica a crescere per i problemi di Moria e la minore propensione dei produttori a investire. Nel frattempo la Grecia si è affermata sui mercati internazionali del verde, favorita da costi di produzione inferiori.
Negli ultimi due-tre anni, infine, i mercati europei si sono dimostrati più remunerativi rispetto a quelli oltremare, spingendo molti esportatori italiani a concentrare l’offerta sul Vecchio Continente. Una scelta dettata più dalla congiuntura che da una strategia predefinita a priori, ma di certo abbiamo tutte le carte in regola per essere protagonisti nello scenario internazionale.” (bf)


















